CRISTINA BALMA-TIVOLA

KRI "muovere [k] liberamente [ri]" | STI "stare [s] in moto [ti]" | NA "effetto [ā] del soffio vitale delle acque [n]"

L’ironia contro gli stereotipi di genere

Lo scorso weekend nella struttura di Villa5 a Collegno (Torino) ha aperto e dopo tre giorni chiuso il MAD, Museo d’Arte delle Donne (ne parlano anche in Marginalia). Provocazione, perché con gli irrisori fondi ricevuti si poteva aprire l’iniziativa solo per un tempo limitatissimo, nonché con riproduzioni delle opere o con donazioni da parte delle artiste stesse, ma non si sarebbe parimenti potuto pensare di dare vita a una struttura permanente aperta al pubblico. “Ma noi l’abbiamo chiamato museo lo stesso”, mi racconta Rosanna Rabezzana, una delle curatrici, responsabile anche delle azioni performative che nelle serate attrici e danzatrici hanno messo in scena tra il pubblico. Perché tipico di Villa5, nonché del modo in cui viene concepito l’essere donne in questa sede, è la continuità tra
riflessione-azione-partecipazione – spesso molto ludica e ironica di contro a
un quotidiano pesante e a un immaginario castrante (e non dobbiamo fare alcuno
sforzo per ricordarci quale sia, visto che è lo stesso contro il quale le donne
in tutta Italia stanno reagendo proprio in questi giorni).

 

 

Tra le varie
opere e artisti, qui voglio condividere con voi il piacere estetico provato nella scoperta di un’artista portoghese della quale
veniva proposta l’opera attraverso più video e immagini fotografiche: Joana Vasconcelos.

 

Joana
Vasconcelos ha
realizzato un intero lampadario con assorbenti interni, oggetto d’uso abituale
per donne di tutto il mondo. Un lampadario di grosse dimensioni, che fa bella
mostra di sé nei palazzi storici in cui hanno luogo le esibizioni cui aderisce
l’artista e che sono anche gli spazi prediletti in cui la Vasconcelos riprende
le donne che collaborano con lei nella realizzazione di altre opere – donne ‘normali’ delle quali in tal modo nobilita l’attività.

 

 

 

La sua pensata che più di tutte però mi ha
fatto ridere di cuore e ho trovato invero geniale è un paio di scarpe, anche
qui di grandi dimensioni, realizzato interamente con pentole e coperchi in
acciaio. Come dire: la sintesi ironica e beffarda del dualismo col quale la
donna viene da tempo immemorabile percepita – da una parte angelo del focolare,
cuoca, moglie, madre, casalinga, dall’altra femmina seducente su scarpe aperte
e tacchi a spillo. Riflesso di un immaginario decisamente povero, perché se c’è
una cosa bella, affascinante e intrigante degli esseri umani è la (scoperta
della) loro diversità – composta di una quantità di infinitesimali sfumature
che li distinguono gli uni dagli altri e che rendono unico ciascuno di noi.