CRISTINA BALMA-TIVOLA

KRI "muovere [k] liberamente [ri]" | STI "stare [s] in moto [ti]" | NA "effetto [ā] del soffio vitale delle acque [n]"

Festival dei Popoli /3 – White Elephant e Crulic

Ovvero continua la mia visione privata presso la Videolibrary, gentilmente messa a disposizione degli accreditati presso la Mediateca della Regione Toscana, e oggi vi segnalo (tra i tanti che ho visto) due documentari di rara intensità – l’uno antropologico, l’altro di denuncia sociale.
Il primo, White Elephant, di Kristof Bilsen, si concentra sull’ufficio postale centrale di Kinshasa, lasciato dagli europei dopo l’indipendenza del Congo. Questo enorme relitto del passato coloniale è rimasto come è stato lasciato, sperimentando un progressivo lentissimo declino, ben illustrato da spazi fatiscenti mai ristrutturati, e impiegati congelati in una dimensione spazio-temporale da cui desiderano e pianificano di fuggire – una sorta di metafora dell’intero paese.
Il regista ci porta con una fotografia realistica e lunghe inquadrature fisse alla scoperta del luogo e dei suoi dipendenti, entrambi immobili e catatonici malgrado gli sforzi del personaggio che guida l’esplorazione, una giovane studentessa di marketing – che vorrebbe comprendere la situazione ed essere dotata di tutti i dati necessari per realizzare un rilancio del servizio “per il bene del suo paese!” – la quale invero trova solo continui muri di gomma, tanto da parte del personale che, pagato un decimo di quanto gli spetterebbe, ormai ha rinunciato a lottare perché i clienti si fidino ancora di un servizio troppo a dir poco non funzionante, quanto ancora di una dirigenza che sta organizzando per sé un’uscita ‘segreta’ grazie a fantomatici ‘cinesi’ che potrebbero operera una rivoluzione del luogo e della sua organizzazione.
L’altro film che voglio segnalare e diffondere quanto più possibile, Crulic, di Anca Damian, sta degnamente in competizione con Vol Spécial di cui ho già detto, e affronta tematiche analoghe a quest’ultimo – ovvero una condizione di prigionia di un ragazzo il quale muore in seguito allo sciopero della fame effettuato per protestare della prigionia a Cracovia nella completa indifferenza sotto la quale è passato il suo urlo di innocenza per mesi, di processi-farsa e di indagini che non hanno preso in alcuna considerazione le sue dichiarazioni (quali l’assenza dal paese al momento del reato del quale è stato accusato, con tanto di biglietti di bus internazionali e testimoni a suo favore).
Claudiu Crulic ormai è morto, e la sua storia viene raccontata dalla sua anima che ripercorre giovinezza, età adulta e odissea che l’ha portato alla fine, ricostruendo il tutto con disegni a mano, fotografie, collage, animazioni in stop-motion. Eppure la narrazione alterna differenti registri, tra i quali quello ironico e poetico ci portano a un’ìimmedesimazione diretta nel protagonista, che potrebbe essere ciascuno di noi – quando il ‘sistema’ gli si mette contro e per comodità gli affibbia il ruolo di capro espiatorio, dimostrando che effettuare tale operazione è in realtà facilissimo e che non siamo al sicuro da nessuna parte.
Un film che colpisce diretto allo stomaco, e ci obbliga a riflettere su quanto possa costare – anche a noi – questa apparato di controllo fatto da processi, burocrazia, autorità menefreghiste e lassiste, forze di polizia a loro volta incrontrollate nel loro agire (troppe volte criminale)…