CRISTINA BALMA-TIVOLA

KRI "muovere [k] liberamente [ri]" | STI "stare [s] in moto [ti]" | NA "effetto [ā] del soffio vitale delle acque [n]"

Smontiamo l’ennesima comunicazione di propaganda sul sesso

Dando un’occhiata a Repubblica durante l’ora di pranzo mi imbatto in un articolo dal titolo “Ecco perché la dipendenza sessuale va riconosciuta come disturbo mentale” a cura di tal Irma D’Aria. Chiaramente non posso esimermi dalla lettura, ben sapendo che ne sarò profondamente disgustata. Perché, di fatto, anche questa è parte di una strategia di castrazione del desiderio e dell’istinto vitale che ritengo uno dei più violenti e perversi soprusi ai nostri danni da parte del sistema capitalista e dei suoi protagonisti.

Vediamo il testo da vicino (in nero l’originale, in blu il mio commento, in rosso i link), così capiamo meglio. Cito solo alcune parti, rimandandovi alla lettura del testo completo, qualora lo vogliate, al link sopra citato (ché sono una ricercatrice seria e onesta, io, tzè, altro che costoro!).

Rory Reid, ricercatore e docente di psichiatria presso il Semel Institute of Neuroscience and Human Behavior della Ucla, ha guidato un team di psichiatri, psicologi, terapisti di coppia ed assistenti sociali (ah, cominciamo bene: continuiamo a dare credito a questi che hanno costruito le proprie teorie sulla falsariga di studi ottocenteschi maschilisti eurocentrici e classisti, e su servi del potere che hanno il diritto di sottrarre i figli alle coppie non allineate nelle proprie prassi educative al diktat culturale dominante per quanto becero possa essere!) che hanno validato i criteri individuati, considerandoli utili per poter arrivare a una diagnosi di questo tipo di problema che in Italia riguarda il 6% degli uomini e il 3% delle donne. (come facciamo ad avere già la statistica italiana visto che lo studio è stato appena fatto e i criteri di diagnosi appena validati in USA?…)

[…] “E’ una sorta di bulimia sessuale senza controllo, ma il meccanismo è identico a quello che si verifica con la dipendenza da droghe o alcol perché vengono attivate le stesse aree del cervello”, spiega Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Psichiatria dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano. Anche ammesso che tale patologia esista – e già in virtù della vostra identità, della vostra prospettiva, delle vostre premesse teoriche e delle vostre modalità di indagine io tendo a dubitare assaissimo delle vostre conclusioni – che forse forse il fatto che 24h/24 siamo sottoposti a messaggi pubblicitari televisivi che sempre e comunque hanno riferimenti sessuali, tizie con culi in vista, parlamentari messe lì per ‘servizi’ resi a politici sia magari un tantino co-responsabile del fatto che ormai vediamo sesso ovunque anche quando chiudiamo gli occhi, anche quando non vorremmo pensarci? Il problema, ammesso che esista, forse andrebbe rovesciato: piantatela con questa cura Ludovico di iperstimolazione a oltranza e non avrete bulimici (che poi 9 volte su 10 non riescono ad avere un’erezione, a mantenerla o a trattanersi per più di 5 minuti!)

Il fenomeno è cresciuto negli ultimi anni anche a seguito della diffusione nella rete di contenuti a sfondo sessuale con il cyber sex che vede sempre più adolescenti coinvolti. “Due i comportamenti estremi – spiega lo psichiatra – : (Irma, ma che razza di punteggiatura usi? orrenda! per favore, già comunichi contenuti ridicoli, fallo almeno con un po’ di buon gusto!) quello di chi abbraccia l’anoressia sessuale astenendosi del tutto da ogni attività legata al sesso e, all’opposto, coloro che non riescono a controllare l’impulso sessuale che è, però, del tutto scevro da emozioni e sentimenti” (come il porno, che guarda caso è la seconda ‘azienda’ italiana dopo la mafia…).

[…] I criteri diagnostici – sviluppati da un gruppo di ricercatori al lavoro sulla nuova edizione del DSM –  includono una serie di sintomi collegati alla sex addiction tra cui la ricorrenza ossessiva di fantasie sessuali (ok, ammazziamo l’immaginazione e coloro che ne sono  portatori: gli artisti, i musicisti, i filosofi, “la fantasia al potere”; “E tu, guardia svizzera! Vogliamo darci una mossa a spostare la Bibbia nella sezione fantasy della libreria? Ché alle, 10 ti ricordo, hai l’esecuzione dei creazionisti!” – ah, no, vero: questo non si può dire/fare!), manifestazioni di dipendenza sessuale che durano sei mesi o più (beh, analizziamo meglio la cosa: magari è energia vitale e resistenza ad allinearsi ad essere dei frustrati che riversano nell’acquisti compulsivo la propria lacerante insoddisfazione esistenziale!) e che non sono riconducibili ad altre cause come abuso di sostanze, disturbo bipolare (ah, ecco: questo c’è sempre, in qualsiasi studio, mi sembrava strano non averlo ancora incontrato durante questa lettura – Orsetta, vuoi commentare tu?…). Inoltre, perché sia fatta una diagnosi di ipersessualità devono verificarsi attività o comportamenti legati alla sessualità anche in presenza di stati emotivi poco piacevoli come la depressione o il ricorso al sesso come strategia per combattere lo stress [accidenti, non pensavo d’essere una psicotica perché ritengo che un orgasmo faccia bene al mio umore e alla mia salute! Corro subito a comprarmi un paio di scarpe e del Parmodalin (così sostengo anche le povere aziende farmaceutiche) e giuro che non mi masturbo più, no, no, no!].

[…] Le conseguenze – Un altro importante aspetto emerso dallo studio è che i pazienti affetti da sex addiction hanno subito maggiori conseguenze rispetto a chi soffriva di altri tipi di dipendenza o disturbi psichici. Dei 207 pazienti esaminati, il 17% ha perso il lavoro almeno una volta, il 39% ha dovuto chiudere una relazione, il 28% ha contratto una malattia sessualmente trasmissibile e il 78% ha avuto dei problemi di interferenza nella vita sessuale (“interferenza” – di chi è stato escluso dal rapporto? uhm… non capisco).

A che età si manifesta – Secondo la ricerca, il 54% dei pazienti ipersessuali si è reso conto di soffrire di questo disturbo prima dei 18 anni, mentre per il 30% l’età della scoperta è più ampia e va dai 19 ai 25 anni. “Questo dato è molto interessante perché se da un lato ci dice che il problema insorge precocemente, dall’altro ci dà la possibilità di mettere in campo azioni preventive” sostiene Reid (tipo castrandoli prima della pubertà così non diamo loro la fantasia? Siamo già nel Mondo Nuovo di Huxley e nessuno mi ha avvertita?).

I comportamenti tipici – Le manifestazioni di ipersessualità più comuni emerse dallo studio includono la masturbazione (ah, quella con cui si diventa ciechi; e non replicatemi che “masturbarsi è fare sesso con qualcuno che amate”: quella è solo propaganda ebraica!) e l’uso smodato di pornografia (vedi sopra, già discusso), seguito dall’avere rapporti sessuali con un adulto (adulto, cioè: ADULTO) consenziente (consenziente, cioè: CONSENZIENTE; se fosse stato con un minorenne non consenziente era ok? Ma state dicendo sul serio o siamo su Candid Camera?) e dal sesso virtuale. “Per questi pazienti il sesso diventa una vera e propria ossessione che controlla ogni aspetto della loro vita e che li fa sentire impotenti e incapaci di cambiare”, spiega Mencacci.

[…] Negli Usa esistono anche associazioni come Sex Addicts Anonymous che replica il modello di assistenza e sostegno degli alcolisti anonimi (sì, vabbè, è il medesimo paese che ha messo al bando Darwin e che insegna nelle scuole il creazionimo…). In Italia, non ci sono cliniche di questo tipo e per il momento la figura di riferimento resta lo psichiatra. “A seconda della gravità del problema e delle possibili cause – spiega Claudio Mencacci – si ricorre alla terapia cognitivo-comportamentale e talvolta alla terapia farmacologica con stabilizzatori dell’umore o anti-depressivi” (e ti pareva che i ribelli non allineati al consumismo, alla frustrazione, alla mediocrità imposti dal Moloch capitalismo-politica-media non dovessero ingurgitare la solita pillola blu!).