CRISTINA BALMA-TIVOLA

KRI "muovere [k] liberamente [ri]" | STI "stare [s] in moto [ti]" | NA "effetto [ā] del soffio vitale delle acque [n]"

Esondare per non esplodere

“Anche tu la senti arrivare?”.

 

“Sì”.

 

Andrea mi guardava pacato e pensieroso.

 

“E come?”.

 

“Cominciano ad arrivare come dei segnali le settimane prima. Sai, tutti quei pensieri realistici che normalmente ti impedisci. Cominciano a imporsi. Frasi brevi, lapidarie, chiare. Vere. Assolute. Si impongono nella mente e negli occhi. Fanno il vuoto intorno”.

 

“Sì, è così anche per me. Quando cominciano so che ho tempo una settimana per correre ai ripari”.

 

 

Ovvero entrare di nuovo nella periodica routine di psicofarmaci per impedire l’esplosione autodistruttiva della crisi.

 

Io invece non faccio nulla. O meglio, qualcosa faccio e non è proprio una cosa da poco: l’anima si carica, come un fiume man mano ingrossato da piogge continue, fino al punto in cui comincia a esondare e fluisce in piena travolgendo canali e campi, distruggendo ponti, erodendo argini e – dopo aver percorso così vallate e pianure – si placa.

 

In realtà, poi, a ben vedere, è un fiume intelligente e giudizioso: distrugge sempre ciò che non tollera più perché nel suo scorrere abituale è ormai inaccettabile, e mostra una certa cautela con ciò che invece non ne può nulla e abitualmente non fa danno.

Insomma, travolge ciò che l’incuria umana gli ha depositato addosso impedendone un corso tranquillo…

 

 

Continuo a pensare che le esondazioni del fiume non siano colpa del fiume, ma della pioggia così come dei detriti, dei cambi di percorso, delle dighe e degli sbarramenti che l’avidità e la stupidità umana gli impongono.

 

Se la gestione dell’insensatezza della vita non fosse basata su soluzioni così ridicole e mediocri, se le persone non si rifugiassero nell’oppressione altrui per costruire il proprio benessere, i fiumi scorrerebbero bene – placidi, grandi e lenti.

 

 

Ma non è così.

E io penso che sto gestendo la mia anima come con una valvola o una diga. E che un giorno, quando sarà troppo carica di dolore, la farò saltare, anziché aprirla.

Un giorno salterà e basta – smetterò di impedirmelo. L’mp3 nelle orecchie, butterò tutto per terra e inizierò a ballare Seven Seas o The Passenger per strada, isolata da questo mondo e da chi lo vive senza pensare, persa nelle sensazioni di quella perfetta solitudine.

 

Gli occhi chiusi, le mie mani e le mie dita disegneranno melodie nell’aria, e i miei piedi si incroceranno in passi lenti, così pieni di ritmo e grazia che sarà una gioia e un incanto guardarli, per coloro che vi assisteranno.

 

 

E quando non ci sarà più musica, smetterò semplicemente di danzare.

 

Quel giorno sarò felice. Quello sarà il giorno perfetto.

Quello per il quale vale la pena vivere.

 

[Barcellona, sul porto, 25|11|2013]