CRISTINA BALMA-TIVOLA

KRI "muovere [k] liberamente [ri]" | STI "stare [s] in moto [ti]" | NA "effetto [ā] del soffio vitale delle acque [n]"

Fisica quantistica, biologia, sistemi aperti, e risonanza infinita e indefinita per garantirsi la sopravvivenza

Per me le cose funzionano, tra esseri umani, quando si sta profondamente e senza alcun calcolo o aspettativa di ritorno in quest’ultimo – che a ben vedere è un sistema di baratto in cui io ci guadagno, ma talmente esteso, con un numero di partecipanti talmente infinito e indefinito, e privo in qualsiasi modo di una scadenza, che appunto si configura come sistema aperto in cui l’incertezza e il rischio della perdita di sé sono sempre annoverati, ma parimenti si decide di oltrepassarli.

Io sono arrivata a pensare e sentire che le cose possono funzionare bene – che significa per gli organismi viventi stare in salute e felici – se stanno in questo tipo di dinamica. Ma stamane ho scoperto che lo affermava anche un fisico – Emilio Del Giudice – parlando di fisica quantistica e biologia, e discutendo di movimento degli organismi viventi essenziale per la loro sopravvivenza, garantita solo dall’entrare in risonanza con quello altrui su un numero infinito e indefinito di altri soggetti viventi (e la sua
brillante argomentazione è nel video in calce a questo
post).  

E non è un caso che egli dica che la forza interna per far sì che ciò accada è l’amore, perché questa attitudine – quando concepita al di là della nostra abituale, ma limitata, sua visione – è la metafora, ma anche la realtà (pur se intangibile) più grande, potente, gratuita di cui gli esseri umani fanno esperienza nella vita.

Per questo poi parlo di amor proprio (ovvero interesse per la propria sopravvivenza senza usare gli altri, in un sistema aperto di dono all’infinito) e non di egoismo (ovvero sopravvivenza tramite l’uso degli altri in un rapporto di scambio diretto).

Per questo parlo di desiderio (movimento verso qualcosa di esterno) e non di bisogno (movimento verso di me).

Per questo parlo di collaborazione (come tante radici di piante che si intersecano per scambiarsi nutrimento affinché ciascuna vada nella direzione della luce e della produzione del proprio unico bellissimo fiore) e non di solidarietà (ovvero di molecole che posso gettare alla pianta vicina sperando che lei a sua volta sia mossa da pietà o riconoscenza e magari ne getti a me quando vede che da sola non arrivo a fiorire). 

E se tu non riesci a fare altrettanto perché tu non stai in questo sistema aperto ti sei condannato a morte da solo, davanti ai miei occhi. E io non posso non piangere la tua perdita, come quella di chiunque abiti questo sistema complesso che è il pianeta. Una perdita drammatica, come quella di chiunque.