CRISTINA BALMA-TIVOLA

KRI "muovere [k] liberamente [ri]" | STI "stare [s] in moto [ti]" | NA "effetto [ā] del soffio vitale delle acque [n]"

Occupy: ispira il mondo con la tua presenza, le tue parole, le tue azioni

 

 

[La gente non sa cosa vuole. Quindi meglio che chi la ispira stia sì in una dinamica di ascolto e relazione, ma non se ne lasci poi condizionare troppo nella propria valutazione di sé 😉 ]

 

 

Quando l’anno scorso partecipai al FemBlog Camp, una delle cose che mi rimase più impressa fu il pensiero che bisognava occupare spazi (anche virtuali) con la nostra presenza, il nostro pensiero, le nostre parole, le nostre azioni, perché lo spazio – qualora non l’avessimo preso noi – se lo sarebbero presi gli altri (dove ‘gli altri’ erano, in quel contesto ma possiamo identificarli con i nostri nemici in generale anche oggi, una certa politica, il sistema dei media, quello della finanza e in generale di tutti i promotori di forme di dominio e oppressione di una persona sull’altra o un sistema sulle persone).
Già solo (si fa per dire) questo atto è un atto di ‘opposizione’ – pur restando da vedersi, nelle forme in cui veniva attuato, se si tratta d’una opposizione che rimane all’interno di un sistema o lo nega in toto proponendo un modello alternativo.
In ogni caso, questo è anche ciò che ripeto con forza proprio come strategia, di contro a modelli castranti.
E’ una strategia sensata e di successo? E chi lo sa? Però per me è meglio che barcamenarsi in una atarassica sopravvivenza senza mordente, senza sapore, senza alcuna speranza di felicità – imponendo di fatto agli altri lo stesso modello (siamo in guerra, sì: è proprio questione di modelli contrapposti, uno di vita, l’altro di morte-in-vita).

E come fare per farsi sentire nella cacofonia di voci dalle quali siamo subissati? Mah, forse scegliendo bene pensieri e parole che riteniamo valga la pena di condividere, che siano entrambi puri e chirurgici, nobilitati dall’afflato poetico, capaci in virtù di questo di raggiungere il cuore degli interlocutori e di lì la loro mente.

E se gli altri non capiscono? Eh, questa è la cosa più frequente. Continuare. Continuare comunque. Un mondo di persone sensate e – nonostante questo – coraggiose e felici forse è un’utopia, me è certo un’utopia migliore che arrendersi alla realtà dello squallore e della mediocrità che ci circondano e lasciarsi vivere, per poi venire rimpianti con tutti gli altri intorno che parimenti – in un eventuale breve istante di lucidità se non altro pre-morte – si daranno dei deficienti per ciò che loro stessi hanno perso.